Come era, purtroppo, prevedibile e malgrado i chiarimenti resi con le controdeduzioni ai rilievi del MEF, il Consiglio dei Ministri, nella seduta di giovedì 17 giugno, ha impugnato l’art.36 della Legge di Stabilità regionale 2021 (l.r. 9/2021) “Norme in materia di stabilizzazione e di fuoriuscita del personale Asu”.
Il risultato è che questi precari – alcuni di loro lo sono anche da più di 24 anni – vedono per l’ennesima volta il traguardo a cui si stavano avvicinando sfumare mentre alla Sicilia viene negato quello che in altre regioni è consentito in merito ad altre categorie di Lavoratori Socialmente Utili.
Tutto ciò non è altro che la conseguenza di un rapporto politico-tecnico labile, se non inesistente, tra Governo regionale e Governo nazionale. E questo non è più ammissibile perché ci sono norme, delicate e complesse per il loro contenuto, che vanno accompagnate passo dopo passo fino a poter dispiegare i loro effetti.
Adesso occorre rimediare, e al più presto, per offrire una soluzione concreta e finalmente definitiva a questi lavoratori, che col proprio lavoro, per 595 euro al mese, hanno tenuto in vita uffici, musei, aree archeologiche e da anni ormai portano avanti, con grande senso di responsabilità, ruoli e mansioni importanti ma che non gli sono riconosciuti.
È necessario intervenire subito e per questo chiediamo di essere convocati immediatamente in Commissione V “Lavoro” dell’Assemblea regionale siciliana e all’Assessorato regionale al Lavoro per fare il punto della situazione e definire e condividere la strategia da mettere in campo da qui in poi.
E ci appelliamo al presidente dell’Ars e a tutti i gruppi parlamentari regionali affinché continuino a sostenere la battaglia per il riconoscimento del diritto alla stabilizzazione di questi lavoratori siciliani.
Non ci sono più concessi errori, perché sulla pelle dei lavoratori non si scherza.