Per il segretario della CGIL Giovanni Mastroeni e per il segretario della FP CGIL, Francesco Fucile, “questa liquidazione non s’ha da fare”, e le ragioni di tale opposizione trovano terreno fertile in un’attenta interpretazione dell’art. 14 del dlgs 175/2016, meglio noto come Decreto Madia, secondo cui Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita”. «La situazione che interessa Il Comune di Messina – affermano Mastroeni e Fucile entrando subito nel cuore della questione – rappresenta una fattispecie ulteriore rispetto a quanto indicato nel suddetto decreto e questo per un motivo ben preciso, ovvero il mancato affidamento diretto del servizio da parte del Comune di Messina.  A fine 2004, infatti, Palazzo Zanca affidò l’intero ciclo dei rifiuti all’ATOME3, che subentrò nel contratto Comune-Messinambiente al posto del Comune dal 2005 al 31.12.2010. Successivamente – continuano i rappresentanti della CGIL -, dal 1.01.2011 al 30.09.2013 l’ATOME3 prorogò il suddetto contratto agli stessi patti e condizioni. Quando l’ATOME3 cessò di operare per decreto regionale, il Comune di Messina, ritenendo cessato il contratto con la Messinambiente e non volendolo prorogare ulteriormente, nelle more di un nuovo affidamento (realizzatosi solo dopo con la Messinaservizi in data 27.07.2017) utilizzò ordinanze  contingibili ed urgenti con le quali disponeva che la Messinambiente garantisse la prosecuzione dei servizi di pubblica utilità di raccolta, trasporto rifiuti e spazzamento. Tutto ciò – ribadiscono Mastroeni e Fucile -, ci fa dire che manchino i presupposti per rendere esecutivo il divieto previsto dal comma 6». Un’analisi precisa e puntuale a cui CGIL ed FP CGIL aggiungono un’ulteriore osservazione: «La normativa regionale sui rifiuti (legge regionale 9 del 2010 ) rappresenta, a tutti gli effetti, una legge che regolamenta servizi di interesse generale, servizi la cui gestione potrebbe essere compromessa da un’applicazione rigida del suddetto comma 6. Infatti, secondo il divieto previsto dal comma 6, sarebbe impedito ad un’Amministrazione pubblica (rientrante nella fattispecie del suddetto comma) di partecipare con proprie quote all’eventuale costituzione di una società pubblica partecipata da tutti i Comuni dell’ambito delimitato dalla SRR (ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale). Questo divieto, inevitabilmente, – sottolineano i sindacalisti – comprometterebbe la stessa costituzione di una Società pubblica di dimensioni ottimali per la gestione del sistema integrato dei rifiuti e metterebbe in discussione la stessa titolarità della SRR in evidente conflitto con le competenze del Comune capoluogo: in questo senso prevarrebbe l’aspetto punitivo dell’intervento normativo del dlgs 175/16, piuttosto che le ragioni di razionalizzazione ed economicità contenute nella previsione della normativa regionale».

Per CGIL ed FP CGIL, dunque, tale interpretazione normativa, porta a ritenere «ingiustificata la strada della liquidazione che il Comune di Messina intende intraprendere, animata da altre ragioni». Soffermandosi poi sugli effetti di un eventuale affidamento a privati, il sindacato evidenzia come ciò potrebbe rivelarsi «più oneroso della gestione tramite società in house (con ciò che comporta anche in termini di incremento della tariffa) ed impedirebbe lo sviluppo di una politica pubblica della gestione integrata del ciclo dei rifiuti. Il rischio è ostacolare qualsiasi politica di innovazione del settore, rinunciare a politiche sinergiche di sistema  che la gestione pubblica può garantire, nonché mantenere lo smaltimento dei rifiuti sotto il ricatto dei gestori delle discariche. La liquidazione della Messinaservizi Bene Comune – concludono CGIL ed FP – rappresenterebbe un ulteriore elemento di costo per l’Amministrazione comunale che, invece, potrebbe sfruttare lo strumento creato per contribuire ad una gestione più razionale del sistema integrato, anche attraverso la gestione di impianti di proprietà. Alla luce di tutto ciò, auspichiamo che in occasione della seduta aperta di Consiglio fissata per domani, possa prevalere la linea del buon senso e del ragionamento e non quella dell’aut aut imposta fino ad oggi dall’Amministrazione prima della discussione di ogni atto importante per la sorte della città, dei cittadini e dei lavoratori».