Il Giudice del Lavoro ha dato ragione ai lavoratori del Gruppo Giomi a cui non era stato riconosciuto, da parte dell’Azienda, il riconoscimento dell’una tantum, quantizzata in 1000 euro in occasione del rinnovo del CCNL Sanità Privata, come ristoro per ben 14 anni di vacanza contrattuale

 

Ci sono voluti 14 lunghissimi anni affinchè i lavoratori della Sanità Privata vedessero rinnovato il proprio contratto, ma i “festeggiamenti” sono durati giusto il tempo di apporre le firme in calce. L’amara sorpresa di questi lavoratori è stato infatti il mancato rispetto di quanto previsto nel nuovo CCNL, soprattutto per quella parte economica che prevede un ristoro per l’attesa di 14 anni, quantizzata in 1000 euro da riconoscere ad ogni lavoratore, sotto forma di una tantum.

Questa è la triste cronaca di quanto successo in una delle realtà sanitarie private più importanti del nostro territorio, il gruppo GIOMI, che gestisce la Clinica Cappellani e l’Ortopedico di Ganzirri e che si appresta a costruire una mega struttura adiacente al Papardo.

«È triste – commentano Francesco Fucile, segretario generale della FPCGIL, Antonio Trino, segretario provinciale con delega alla sanità e Nino Rizzotti coordinatore della sanità privata -, che un lavoratore, uno dei tanti che contribuisce al successo di questa struttura, per vedersi riconoscere i propri diritti sia dovuto ricorrere al giudice del lavoro, il quale ha ritenuto che l’una tantum fosse un credito certo, liquido ed esigibile e che la mancata erogazione fosse un’illegittima condotta del datore di lavoro. Rimane ugualmente l’amaro in bocca – continuano i dirigenti sindacali -, perché il ricorso giudiziario rappresenta il fallimento delle relazioni sindacali, che sono state sempre improntate sulla correttezza, ma che sono state improvvisamente interrotte allorquando la FPCGIL ha chiesto l’applicazione del nuovo CCNL».

La FP CGIL aveva chiesto di poter discutere il contratto integrativo aziendale, strumento flessibile che questa azienda ha dimostrato di non voler avere «visto che ci è stato risposto che la contrattazione di secondo livello è subordinata a quando sarà fatta a livello regionale (il contratto integrativo aziendale è per definizione la risultante di una contrattazione fatta in ogni singola azienda), avevamo chiesto di normare la Banca Ore e abbiamo tentato con ogni mezzo di addivenire ad una soluzione condivisibile sul riconoscimento del tempo tuta quantizzato in 14 minuti. Le relazioni sindacali improntate sulla correttezza, non significa che non si possa avere una visione diversa e che per questo si viene emarginati nei fatti, costringendoci a rivolgerci al tribunale del lavoro. La FPCGIL – continuano i sindacalisti -, non può che essere favorevole e dare sostegno a quelle realtà che generano qualità e risposte lavorative, ma non può accettare che non si rispettino il CCNL, e di conseguenza i lavoratori. Nel caso di specie, da un gruppo così florido ed economicamente stabile (l’investimento nella costruzione del nuovo plesso lo dimostra), ci saremmo aspettati un premio immediato per quei lavoratori che nei 14 anni di attesa, hanno continuato diligentemente a prestare la propria opera professionale, anche in epoca COVID, consentendo al proprio datore di lavoro di raggiungere quei risultati pregevoli di cui legittimamente si vanta: come abbiamo sempre detto, rammentiamo che i dipendenti sono il vero valore aggiunto di qualsiasi realtà lavorativa».