Siamo venuti a conoscenza dell’ennesimo focolaio COVID-19 scoppiato all’interno della Vostra struttura e sentiamo l’esigenza di rappresentare il nostro pensiero su alcune criticità che andrebbero riviste e che potrebbero essere state quantomeno una concausa.

Certamente ricorderete come nella precedente situazione abbiamo, spontaneamente, sentito di elogiare la Vostra organizzazione, tempestiva e puntuale nel suo intervento complessivo; stavolta, mossi da analogo ardore vogliamo evidenziare alcuni aspetti meritevoli, a nostro giudizio, di attenzione.

Partiamo dalla Procedura Gestionale 74-03 la cui revisione è datata 24 agosto 2020 (non siamo a conoscenza di revisioni successive e quella precedente era datata 18 marzo 2020): l’applicazione di quanto previsto in detta procedura garantisce entro limiti di accettabilità una situazione di non contagi. Il paziente viene “tamponato” prima dell’ingresso in struttura per cui si ha la quasi certezza assoluta (salvo i limiti legati al tampone stesso) che non è positivo. Tutti gli ingressi all’interno sono controllati e ridotti al minimo eppure il contagio è avvenuto ed a nostro parere può essere stato portato solo dagli operatori sanitari.

Quel che ci fa propendere verso questa ipotesi è il fatto che la procedura di cui sopra, prevede l’esecuzione di tampone al personale che rientra in azienda dopo un’assenza di 4-5gg, ma sembrerebbe, dalle informazioni in nostro possesso, che non tutto il personale assente per un periodo di 4-5gg sia stato “tamponato” e questo, ove trovasse conferma, rappresenterebbe un vulnus procedurale addebitabile a chi gestisce il personale, che deve sorvegliare sull’applicazione della procedura. Ribadiamo che sono notizie a noi riportate e che non è detto corrispondano a verità, ma sembrerebbe che dopo il rientro dal periodo natalizio, solo la temperatura sia stata rilevata.

Continuando nella nostra analisi, notiamo e ci viene riferito un continuo migrare di personale da un reparto all’altro (alcuni per peculiarità professionali sono obbligati a farlo, altri, perlopiù infermieri, su disposizione di chi gestisce il personale) e ciò, in caso di positività improvvisa, comporta una rapida diffusione all’interno della struttura.

Non siamo perfettamente a conoscenza se la gestione dei pazienti risultati positivi sia stata improntata a quanto previsto nella citata procedura, perché le notizie apprese ci fanno capire un momento di confusione in cui i pazienti sarebbero stati spostati da un reparto all’altro: anche in questo caso non possiamo essere oggettivi ed auspichiamo che siano notizie non perfettamente rispondenti al vero.

Sembrerebbe che l’esecuzione dei tamponi post positività (a focolaio scoppiato) sia stata leggermente a rilento, ma massiva come sempre, ma siamo ben consci che su questo aspetto non avete mai lesinato risorse.

Altro tallone d’Achille è rappresentato dallo spogliatoio dei dipendenti, un ambiente non sufficientemente grande da impedire contatti (e quindi potenziali contagi) malgrado il tentativo, maldestro a nostro giudizio, di contingentare l’accesso per ridurre assembramenti; va da se che se entra il personale che è stato a contatto con pazienti positivi (anche se non ufficiali) e quando ne esce lascia il posto ai colleghi (e non c’è il tempo di sanificare perché si parla di cambio turno), il rischio potenziale di trasmissione del virus aumenta esponenzialmente. A questo si aggiunga che gli armadietti in dotazione non consentono una separazione fra divisa e abiti civili ed è anacronistico parlare di percorsi sporco-pulito ed inciampare su un ridicolo armadietto che mescola tutto!

Sarebbe auspicabile che il personale venisse dotato di un numero adeguato di divise da consentirgli il cambio ogni turno, lasciandola in lavanderia ed evitando contatto con i propri abiti civili, ovvero l’uso di divise monouso.

Un’ultima battuta, ci venga consentita, riguarda gli RLS: non ci risulta che si facciano vedere fra i colleghi, ne siamo a conoscenza di loro segnalazioni di criticità a scopo migliorativo.